Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé – Alice Miller

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L’esperienza ci insegna che, nella lotta contro i disagi psichici, alla lunga abbiamo a disposizione uno strumento molto importante: scoprire a livello emotivo la verità della storia unica e irripetibile che è stata quella della nostra infanzia. Potremo mai liberarci del tutto delle nostre illusioni? Ogni vita è piena di illusioni, proprio perché la verità ci appare insopportabile. E tuttavia la verità ci è talmente indispensabile che ne scontiamo la perdita con gravi malattie. Cerchiamo perciò di scoprire in un lungo processo la nostra personale verità che, prima di donarci un nuovo spazio di libertà, fa sempre soffrire… a meno che non ci accontentiamo di una conoscenza intellettuale. Ma in tal caso ci ritroveremo ancora una volta immersi nelle illusioni.

Non possiamo cambiare neppure una virgola del nostro passato, né cancellare i danni che ci furono inflitti nell’infanzia. Possiamo però cambiare noi stessi, «riparare i guasti», riacquisire la nostra integrità perduta. Possiamo far questo nel momento in cui decidiamo di osservare più da vicino le conoscenze che riguardano gli eventi passati e che sono memorizzate nel nostro corpo, per accostarle alla nostra coscienza. Si tratta indubbiamente di una strada impervia, ma in molti casi ci offre la possibilità di abbandonare infine la prigione invisibile – e tuttavia così crudele – dell’infanzia e di trasformarci, da vittime inconsapevoli del passato, in individui responsabili che conoscono la propria storia e hanno imparato a convivere con essa.

La maggior parte delle persone, invece, fanno esattamente il contrario. Non vogliono sapere nulla della propria storia e perciò non sanno neppure di esserne in fondo continuamente influenzati, poiché vivono nella propria situazione infantile, irrisolta e rimossa. Non sanno di temere e di evitare pericoli che una volta erano reali, ma che ormai da tempo non lo sono più. Sono mossi da ricordi inconsci e da sentimenti e bisogni rimossi, i quali, finché restano inconsci e non vengono chiariti, spesso determinano in modo perverso quasi tutto ciò che essi fanno o non fanno.

La rimozione dei maltrattamenti subiti nell’infanzia induce molti, ad esempio, a distruggere la vita di altri e la propria, a incendiare le case di cittadini stranieri, a esercitare rappresaglie e a chiamare tutto questo «patriottismo», per nascondere ai propri occhi la verità, continuando a non avvertire la disperazione provata dal bambino tormentato. Altri invece continuano a sottoporsi ai tormenti un tempo subiti passivamente, per esempio partecipando a gruppi di flagellanti, a culti sadici di ogni specie, a pratiche sadomasochistiche, e definiscono tali attività come forme di liberazione. Ci sono donne che si fanno perforare i capezzoli per appendervi degli anelli, si fanno fotografare in questa posa per le riviste e riferiscono orgogliose di non aver sentito dolore e di trovare la cosa divertente. Della veridicità di tali affermazioni non c’è da dubitare, giacché quelle donne hanno dovuto imparare assai presto a non provare dolore. E che cosa non farebbero al presente, pur di non avvertire la sofferenza della bambina di un tempo sottoposta ad abusi sessuali dal padre, la quale si doveva pure figurare di essersi divertita? Una donna sfruttata sessualmente da bambina, che abbia rinnegato la propria realtà infantile e appreso a non provare dolore, sarà in perenne fuga da ciò che le è accaduto in passato, servendosi per questo scopo degli uomini, dell’alcol, delle droghe o della mania di essere efficiente. Dovrà essere continuamente «sotto pressione», per non lasciar emergere la «noia»; anzi, per non concedere neppure un secondo alla quiete, in cui potrebbe percepire la bruciante solitudine di quando era bambina, giacché teme questo sentimento più della morte stessa, a meno che non abbia avuto la fortuna di apprendere che il riaffiorare dei sentimenti infantili e il loro divenire coscienti non uccide, ma libera. Ciò che invece non di rado uccide è il difendersi da quei sentimenti che, nel momento in cui li si vive consciamente, potrebbero svelare la verità.

La rimozione delle sofferenze infantili non soltanto influisce sulla vita dell’individuo, ma determina anche i tabù della società. Alcune biografie illustrano con molta chiarezza questo fenomeno. Se per esempio leggiamo le biografie di artisti famosi vediamo che la loro vita ha inizio in un determinato momento dell’adolescenza. Ci viene detto che prima l’artista aveva avuto un’infanzia «felice», «lieta» o magari «spensierata», oppure un’infanzia «piena di privazioni» o «ricca di stimoli», mentre sembra del tutto privo d’interesse sapere come quell’infanzia fosse stata in concreto. Come se nell’infanzia non si celassero le radici della vita intera. Vorrei illustrare quest’affermazione con un semplice esempio.

Henry Moore scrive nelle sue memorie che da bambino poteva massaggiare la schiena di sua madre con un unguento per i reumatismi. Quando lessi questa notizia, mi si aprì d’un tratto un nuovo modo, del tutto personale, di accostarmi alle statue di Moore. Nelle grandi donne sdraiate dalle teste minuscole potevo ora riconoscere la madre vista con gli occhi del bambino: la testa rimpicciolita, come vista in prospettiva; la schiena ravvicinata, percepita come enorme. Per molti critici d’arte questo particolare può essere indifferente, ma io vi leggo un segno dell’intensità con cui le esperienze infantili sopravvivono nell’inconscio e delle straordinarie possibilità espressive che esse possono trovare quando l’adulto sia libero di farle valere.

Il ricordo di Moore era innocuo ed era potuto sopravvivere. Le esperienze traumatiche di ogni bambino rimangono invece avvolte nell’oscurità; e sconosciute restano quindi anche le chiavi per comprendere tutta la vita successiva.

tratto dall’incipit di:

Alice Miller

Traduttore: M. A. Massinello
Anno edizione: 2008
Pagine: 131 p. , Brossura
EAN: 9788833918914

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